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La Celiachia

 

La malattia celiaca, definita anche sprue celiaca o enteropatia da glutine, è una malattia immunomediata scatenata dall'ingestione di glutine che, in soggetti geneticamente predisposti, determina un processo infiammatorio nell’intestino tenue e conseguente malassorbimento e manifestazioni extraintestinali. 

La celiachia colpisce 1 individuo su 100 ed è più frequente tra le donne, 2 volte più che negli uomini. In Italia i soggetti a cui è stata diagnosticata la celiachia sono circa 164.000, ma si stima che il loro numero sia circa 4 volte superiore. Per questo ad oggi si parla di iceberg celiaco, dato che la maggior parte della popolazione affetta ancora non è stata ancora individuata, soffrendo della forma silente (asintomatica). Fortunatamente, l’avvento di test anticorpali sensibili e specifici sta incremento la diagnosi della celiaca, che si presenta sempre più con manifestazioni extraintestinali ed in età adulta.

I sintomi della malattia possono essere molto vari ed eterogenei. I più comuni, quando presenti, possono essere: vomito, diarrea, perdita di peso, meteorismo, anemia, dispepsia, infertilità, dermatiti, gonfiore e dolore addominale, sindrome dell'intestino irritabile (IBS), osteoporosi, arresto della crescita nel bambino.

Ad oggi, una dieta priva di glutine resta l'unica terapia possibile in grado di ristabilire le condizioni fisiologiche del'intestino ed eliminare i sintomi della malattia.

Il Glutine

 

Il glutine è una proteina presente in alcuni cereali (grano, orzo, farro, segale, Kamut®, spelta, tricale) e nei prodotti alimentari derivati da questi (es. pasta, farina, prodotti da forno dolci e salati, ecc.). Il glutine è una sostanza collosa molto usata nell'industria alimentare moderna perché aiuta a dare elasticità e consistenza al prodotto finale, favorendo la lievitazione e la panificazione. Spesso, viene anche usato come ingrediente in salse, zuppe, preparati precotti e come addensante nelle formulazioni in tavoletta o pastiglie di alcuni farmaci. Il consumo medio di glutine in un individuo sano è di circa 10-20g al giorno.

Il glutine è una proteina di deposito composta da diverse frazioni proteiche: le prolamine, alcol-solubili, e le glutenine, non solubili in alcol. A seconda della specie, viene attribuita una denominazione particolare alle singole frazioni. Nel caso del grano si parla di gliadine e glutenine, responsabile dell’effetto tossico per il celiaco. Prolamine simili, con il medesimo effetto sul celiaco, si trovano anche in orzo, segale, farro, spelta, kamut, triticale ed avena.

Le prolamine, come la gliadina nel grano, sono ricche di prolina e glutammina, due amminoacidi difficilmente digeribili che fanno parte della categoria di amminoacidi non essenziali, dal momento che l’organismo è in grado di sintetizzarli. È proprio l’alto contenuto di prolina e glutammina che impedisce la completa proteolisi da parte degli enzimi digestivi, così, con il passare del tempo, si accumulano nell’intestino tenue oligopeptidi tossici che scatena la risposta immunitaria e infiammatoria.

La risposta immunitaria comporta una progressiva riduzione dei villi intestinali (atrofia dei villi) fino alla loro completa scomparsa. Ciò interferisce con l'assorbimento delle sostanze nutritive (es. vitamina B12, folati, ferro, calcio, ecc.), in quanto il ruolo principale dei villi è garantirne un corretto assorbimento, provocando, in alcuni casi, una possibile malnutrizione nei soggetti colpiti. 

In generale, è bene consumare unicamente i prodotti che sono naturalmente privi di glutine o la cui assenza sia certificata in etichetta (dicitura "Senza Glutine", marchio a Spiga barrata, prodotti presenti nel Prontuario dell'AIC, prodotti dietetici per celiaci presenti nel Registro Nazionale del Ministero della Salute). Inoltre, è importante imparare a leggere sempre le etichette e fare attenzione alle scritte "Può contenere tracce di" che spesso nascondono al consumatore inesperto la possibile presenza di glutine. La lista completa degli alimenti privi di glutine è disponibile nel sito dell'AIC (Asociazione Italiana Celiachia).

 

N.B. Purtroppo usare un alimento senza glutine non è sufficiente a tutelare il consumatore e garantire che l'alimento finale ne sia privo. Infatti, particolare attenzione va posta sia alla preparazione che alla cottura e conservazione del cibo per evitare le contaminazioni accidentali degli alimenti. La contaminazione si ha quando un alimento naturalmente senza glutine viene trasformato in un prodotto con glutine (ad esempio tramite il contatto con alimenti non permessi). Questo può avvenire non solo nelle preparazioni quotidiane dei pasti, ma anche nelle aziende che producono alimenti e nelle attività di ristorazione.

 

 

Genetica e celiachia

La celiachia è una malattia multifattoriale con forte componente genetica, sebbene vi sia un'influenza di diversi fattori ambientali nello sviluppo della stessa (quantità e tipo di prolamine, infezioni, alterazioni del microbioma intestinale, stress, ecc.). La suscettibilità alla celiachia è determinata in gran parte da molecole di classe II del complesso maggiore di istocompatibilità: HLA-DQ2 e HLA-DQ8, glicoproteine della membrana cellulare espresse sulle cellule del sistema immunitario APC (Cellule Presentanti l'Antigene). Le molecole HLA-DQ sono molecole formate da due diverse subunità (eterodimeri): DQA1*05 e DQB1*02 per l'eterodimero HLA-DQ2, e DQA1*0301 e DQB1*0302 per l'eterodimero HLA-DQ8.

La peculiarità delle molecole DQ2 e DQ8, che ne spiega l’associazione con la celiachia, è che si legano a peptidi della gliadina, deamidati dalla transglutaminasi tissutale, formando così un complesso HLA-antigene che può essere riconosciuto dai linfociti T CD4+ (cellule del sistema immunitario) presenti nella mucosa intestinale. Ciò determina l'attivazione della risposta immunitari con conseguente rilascio di molecole pro-infiammatorie, citochine e anticorpi responsabili delle alterazioni intestinali. 

In Italia, i celiaci sono per l'80-90% DQ2 positivi e per il 10% circa DQ8 positivi. La tipizzazione HLA ha un forte valore predittivo negativo ma un basso valore predittivo positivo: pertanto se sia il DQ2 che il DQ8 sono assenti non vi è quasi nessuna possibilità di sviluppare la malattia, viceversa, se sono presenti la malattia è possibile ma non certa. Va comunque ricordato che il 30-35% della popolazione generale e il 60-70% dei familiari di primo grado hanno questi antigeni senza avere la malattia. Infatti,la presenza dell’HLA spiega soltanto il 30-40% del rischio genetico, rischio che sale negli individui con doppia dose di DQ2 (omodimeri DQB1*02).

Oltre all’HLA vi sono altre decine di geni coinvolti nel complesso profilo della intolleranza al glutine che devono ancora essere ben esaminati ed individuati. 

Esempio. Il rischio per un soggetto di essere celiaco è dell'1%. Il rischio di un familiare di primo grado di un paziente è del 10% (10 volte maggiore di quello della popolazione generale). Un individuo che è DQ2 o DQ8 positivo ha circa il 2% di rischio di celiachia, ma se ha un familiare affetto tale rischio sale al 20%. Inoltre, se ha le stesse forme di DQ2 (omodimeri DQB1*02) il rischio di malattia si innalza fino al 28%.

QUANDO ESEGUIRE IL TEST?

Le linee guida ministeriali del 2008 per la diagnosi e il monitoraggio della celiachia prevedono la tipizzazione HLA come saggio di II LIVELLO in caso di anticorpi e/o biopsia dubbi o discrepanti e in particolari categorie a rischio, come per esempio i familiari di I° grado, inclusi i fratelli.

 

 

Test diagnostici di I LIVELLO disponibili

 

Gli esami che devono essere sempre eseguiti per giungere alla diagnosi di celiachia in modo corretto sono i marker anticorpali e la biopsia intestinale. La diagnosi di celiachia dovrebbe sempre passare attraverso queste due indagini, perché, se è vero che la biopsia intestinale rimane il “gold standard”, la sierologia è altrettanto importante per la conferma diagnostica. 

Test anticorpali.

Hanno segnato una svolta decisiva nella diagnostica della malattia permettendo di identificare pazienti a rischio e aumentare le diagnosi. Il ruolo degli anticorpi è di identificare i soggetti con sospetta celiachia, che dovranno poi essere confermati attraverso la biopsia duodenale. 

Al momento i due test più validi per la diagnostica sierologica sono gli anticorpi anti-endomisio (EmA) ed anti-transglutaminasi (anti-tTG) di classe IgAGli anti-tTG hanno una maggiore sensibilità e riproducibilità dei dati, ma un'inferiore specificità che si traduce in falsi positivi dei risultati. In poche parole non sono specifici della celiachia e alterazioni dei valori si possono verificare anche nelle allergie alimentari, nelle infezioni intestinali, nelle malattie infiammatorie croniche intestinali e nella patologia autoimmuni. Per questo gli anti-tTG si sono affermati come il test di primo livello per lo screening della celiachia, mentre gli EmA, data la loro specificità quasi assoluta per la malattia celiaca, dovrebbero essere utilizzati come test di conferma avendo una specificità praticamente assoluta (99%).

Per quanto riguarda gli anticorpi anti-gliadina (AGA) di classe IgA è importante sottolineare che la loro ricerca, sebbene più economica, dovrebbe essere eseguita esclusivamente nei bambini al di sotto dei 2 anni di età dopo un riscontro negativo per gli anti-tTG. Solo nella prima infanzia gli AGA hanno una sensibilità maggiore, per questo l'applicazione al di fuori di questi casi non ha alcun significato.

In associazione alla ricerca dei specifici anticorpi, va eseguito anche il dosaggio delle IgA totali sieriche per escludere una condizione di deficit selettivo di IgA (IgA < 5 mg/dL). Nel caso sia infatti presente tale alterazione del sistema immunitario, per identificare una concomitante celiachia il test più valido è la ricerca degli anti-tTG di classe IgG. In tutti gli altri casi i marker di classe IgG sono di limitata utilità a causa dell’elevato numero di falsi positivi. Solo gli anticorpi  anti-gliadina deamidata (DGP-AGA) di classe IgG sembrano essere un mezzo promettente per lo screening anticorpale della celiachia data la loro specificità.

 

Biopsia duodenale.
La biopsia intestinale va eseguita anche in presenza di negatività degli anticorpi dal momento che una percentuale minima di pazienti con celiachia presenta una sierologia del tutto negativa (3%). Viene eseguita attraverso la esofagogastroduodenoscopia (EGDS) nella seconda o terza porzione del duodeno e presupposti fondamentali per una corretta valutazione istologica sono l'orientamento delle biopsia ed un numero adeguato di prelievi (in genere almeno 4). 

L’aspetto istologico dell’intestino del soggetto celiaco presenta diversi gradi di severità, andando dall’infiltrazione linfocitaria fino all’atrofia completa dei villi. La descrizione delle lesioni va effettuata in accordo alle classificazioni riconosciute a livello internazionale, considerando l’infiltrazione linfocitaria, l’iperplasia delle cripte, l’atrofia dei villi. Fondamentale è il corretto orientamento della biopsia (classificazione di Marsh e succesive modifiche di Oberhuber e dei cut-off linfocitari). La valutazione istologica della mucosa intestinale permette di:

  • diagnosticare o escludere la malattia celiaca;

  • verificare la severità del danno;

  • identificare le possibili complicanze della malattia;

  • monitorare la malattia nel tempo e verificare l'efficacia di un'alimentazione senza glutine.

 

 

Follow-up.

Dopo la diagnosi i celiaci devono sottoporsi a periodiche visite con intervista dietetica presso i centri di riferimento per la malattia celiaca. È utile effettuare un primo controllo a 6 mesi dalla diagnosi e successivamente ogni 1-2 anni. Gli scopi principali del follow-up sono:

  1. la verifica di una stretta aderenza alla dieta aglutinata, che tenga conto anche delle introduzioni
    involontarie di glutine per scarsa od errata informazione del paziente sulle misure dietetiche;

  2. controllo dell’emocromo e del dosaggio degli anticorpi serici anti-transglutaminasi di classe IgA (o IgG se vi è deficit delle IgA) .

  3. l'identificazione di patologie autoimmuni associate: tiroidite autoimmune di Hashimoto sia in forma clinica che subclinica;

  4. lo sviluppo di alterazioni metaboliche (dislipidemia, iperglicemia, steatoepatite non alcoolica), in particolare nei soggetti che aumentano significativamente di peso con la dieta senza glutine;

  5. la diagnosi precoce dell’insorgenza di complicanze (malattia celiaca refrattaria, digiunoileite ulcerativa, sprue collagenosica, linfoma intestinale, adenocarcinoma dell’intestino tenue), in particolare negli adulti diagnosticati dopo i 50 anni.

 

Sensibilità al Glutine

 

Rientrano in questo gruppo tutti i casi di reattività al glutine che, nonostante manifestino sintomi simili alla celiachia o all'allergia al grano, non rientrano in queste categorie. Pertanto, viene diagnosticata quando sono state escluse sia la celiachia che l'allergia al glutine.

Per il momento ulteriori studi devono essere effettuati per comprendere meglio la patologia e accertare la sua reale esistenza, ma si stima che la sua diffusione sia 6-7 volte più frequente rispetto alla celiachia. Inoltre, siamo in attesa di identificare test diagnostici efficaci che consentano di effettuare diagnosi certe e sicure di questa patologia. Va comunque evitata l’autodiagnosi ed l'esclusione del glutine dall'alimentazione prima ancora di un consulto specialistico. 

Non iniziare mai una dieta aglutinata prima di eseguire i testi diagnostici per non inficiare la validità dei risultati!

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